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		|  Orazio 
		Pennacchioni |   Orazio Pennacchioni, per le “ultime leve” questa presentazione 
        potrebbe voler dire poco, al massimo un personaggio di altri tempi, ma 
        per tanti altri (me compreso) invece è il contrario, questo nome 
        e cognome è legato ad una fase di ricordi che si perde negli anni, 
        diciamo almeno 35 e scusate se è poco.Il fatto è che certe cose sono molto difficili da dimenticare tanto 
        sono state importanti, anche perché strettamente legate alla vita 
        di tutti i giorni, anzi di un giorno in particolare che era la domenica, 
        e del momento più festoso di quel giorno e cioè il pranzo.
 Tutta la famiglia seduta intorno al tavolo, nell’aria un profumo 
        intenso di cose buone, le corpose fettuccine fatte a mano, l’intramontabile 
        e poco frequente pollo al forno con una montagna di patate ( l’epidemia 
        attuale non si sapeva neanche lontanamente cosa fosse…) , e la classica 
        incartata delle pastarelle osservata con estrema cupidigia, da sottolineare 
        che ad ognuno di noi era riconosciuta la preferita, giusto per evitare 
        contestazioni e sicuri tafferugli che il papà avrebbe dovuto sedare 
        con uno sguardo di fuoco!!!
 Questa atmosfera così importante nell’ambito familiare era 
        ulteriormente vivacizzata dalla radio, capace di monopolizzare l’attenzione 
        generale grazie al programma che tutti, grandi e piccini, attendevamo 
        e che si chiamava il Gazzettino di Roma, il quale al suo interno presentava 
        “Campo de' Fiori” (tengo a precisare che questi sono i miei 
        ricordi, se ci fossero inesattezze e strafalcioni vi prego di correggermi, 
        grazie in anticipo).
 Ma perché un programma così tanto atteso?
 Il motivo era semplice, li operava il nostro Orazio Pennacchioni, era 
        li che la sua squillante voce “de ragazzino” impertinente 
        difendeva la sacralità giallorosa dagli attacchi esterni, che ridere 
        gente, l’umorismo semplice e senza alcuna volgarità che scaturiva 
        da quel programma radiofonico ti coinvolgeva davvero, in poche parole 
        il pranzo domenicale era una festa in tutti i sensi.
 In tempi recenti ho avuto la grande fortuna, grazie all’aiuto fondamentale 
        ed alla certosina pazienza del grande amico Pietro (per gli intimi Pietrese, 
        vista l’origine sarda) di avere in regalo un paio di nastri con 
        sopra le registrazioni di quei vecchi programmi e vi giuro che non avrei 
        potuto desiderare dono più bello; anche se la qualità sonora 
        risente ovviamente degli anni è meraviglioso poter dire che una 
        parentesi di ricordi lontani è ritornata in vita all’istante, 
        è la fanciullezza che riprende possesso del presente e ti riscalda 
        il cuore.
 E tra i tantissimi momenti “riaffiorati”, indimenticabile 
        fu il giorno in cui, con grande stupore (mica è come oggi…) 
        scoprii che il mitico Orazio, il paladino romanista che si ergeva intrepido 
        contro tutto e tutti, altro non era che una…Lei, e pure cresciutella, 
        la grande Isa Di Marzio.
 Passato in fretta lo sconcerto per la clamorosa scoperta sulla vera identità 
        dell’Orazzietto nostro gajardo e tosto, ho continuato a seguirlo 
        con la stessa passione e devo ammettere che lui/lei con quella satira 
        così pungente ha rappresentato, per tutti quelli che hanno avuto 
        la fortuna di viverlo alla radio, davvero un punto di riferimento.
 Ma oltre la presenza di Orazio Pennacchioni, il programma presentava tanti 
        altri personaggi, tutti importanti e pittoreschi, molti dei quali volutamente 
        legati alla squadra che la Roma avrebbe incontrato quella domenica, intanto 
        c’era il fratellino più piccolo, Pippetto, e poi tra i molti 
        c’era anche (e come te sbagli) er sor maestro laziale, vittima predestinata 
        della straripante linguaccia del nostro Orazio, invece al bar del sor 
        Amilcare c’era il sor Ambrogio, il quale non poteva essere che di 
        Milano e del Milan campione d’inverno allenato da Rocco (correva 
        l’anno 1968), in procinto di affrontare la Roma; c’era pure 
        er sor Erminio, tifoso della Juve di Heriberto Herrera ed anche con lui 
        Orazio non andava mica tanto per il sottile (un chiaro segno del destino…), 
        prima di un Roma-Cagliari c’era il sor Raffaele, un sardo verace 
        grande tifoso cagliaritano, c’era addirittura il titolare del negozio 
        di alimentari, tale sor Raffaele, sfegatato tifoso della Spal che da li 
        a poco avrebbe affrontato la Roma a Ferrara.
 La costante era che tutti si arrabbiavano da morire perché la strafottenza 
        di Orazzietto nostro metteva a dura prova chiunque osasse soltanto accennare 
        a qualcosa che poteva sapere di anti-romanista e alla fine, sollecitato, 
        dal continuo irridere della sua presunta identità da parte del 
        “nemico” (…ma chi sei tu, ma chi ti credi di essere, 
        ecc. ecc.) Orazio faceva partiva impetuoso il ritornello che tutti oramai 
        conoscevano a memoria, che purtroppo chiudeva la trasmissione e che ha 
        fatto centro nella nostra memoria storica.
 Il motivetto lo riporto alla fine del pezzo, certo non musicato dirà 
        poco alle nuove leve e questo mi dispiace, per chi invece lo conosce sarà, 
        lo spero molto, un gradevole ritorno al passato, alla nostra giovinezza, 
        ad un gioco del pallone che si è perso nel tempo.
    
	   
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